XXVI Giornata Mondiale del Malato

 

LA DIOCESI DI CIVITA CASTELLANA

UNITALSI – Sottoscrizione di Civita Castellana

XXVI Giornata Mondiale del Malato

Mater ecclesiae:

«“Ecco tuo figlio… Ecco tua madre”

e da quell’ora il discepolo l’accolse con sé» (Gv 19, 27)

Sabato 10 febbraio 2018

Cattedrale di Civita Castellana

 

Programma della giornata:

     Ore 14.30 – Accoglienza

     Ore 15.00 – Recita del Santo Rosario.

     Ore 15.30 – S. Messa presieduta dal Vescovo, Mons. Romano Rossi e amministrazione del Sacramento dell’Unzione degli Infermi.

Al termine della S. Messa ci sarà una breve processione aux flambeaux

nella piazza prospicente la Cattedrale.

 

 

«Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati» (Gc 5,14-15).

Il sacramento dell’«Unzione degli Infermi» richiama il servizio agli ammalati e in modo speciale a confortare coloro che sono provati dall’infermità; esprime la piena partecipazione della Chiesa verso i malati, gli anziani e i moribondi, mettendoli in grado di recuperare la guarigione spirituale e fisica dalla vittoria di Cristo sulla malattia e sulla morte.

«Con la sacra Unzione degli Infermi e la preghiera dei Presbiteri, tutta la Chiesa raccomanda gli ammalati al signore sofferente e glorificato, perché alleggerisca le loro pene e li salvi…» (CCC 1499).

«Nel mio nome… imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16, 17-18).

 

di Giancarlo Palazzi

La Giornata mondiale del malato è un giorno di festa della Chiesa cattolica. Fu istituita il 13 maggio 1992 da papa San Giovanni Paolo II. A partire dall’11 febbraio 1993, si celebra ogni anno la commemorazione della Madonna di Lourdes, per tutti i credenti è “un momento speciale di preghiera e di condivisione, di offerta della sofferenza”.

L’11 febbraio 2018, Memoria liturgica della B.V. di Lourdes, tutta la Chiesa celebra la XXVI Giornata Mondiale del Malato in vista della quale, il 26 novembre 2017 nella

Solennità di N.S. Gesù Cristo Re dell’universo Papa Francesco ha scritto un Messaggio dal titolo: «“Ecco tuo figlio … Ecco tua madre”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé» (Gv 19,26-27).

“Queste parole illuminano profondamente il mistero della Croce”. “che non rappresenta una tragedia senza speranza”, ma diviene “luogo in cui Cristo mostra la sua gloria e lascia le sue estreme volontà d’amore”: “regole costitutive della comunità cristiana e della vita di ogni discepolo”.

Le parole di Cristo – prosegue – danno origine “alla vocazione materna di Maria nei confronti di tutta l’umanità”, Maria è chiamata a condividere la stessa preoccupazione di Cristo per la Chiesa e per l’umanità intera. “Un compito che non avrà mai fine”.

“ La vocazione materna di Maria passa a Giovanni e a tutta la Chiesa ”

Nel Messaggio, “contiene richiami molto, molto forti” a quanti si occupano dei malati” sono invitati a mettere “la persona umana al centro del processo terapeutico”. Francesco, inoltre, «invita tutti a svolgere la ricerca scientifica nel rispetto della vita e dei valori morali e cristiani”.

Anche la nostra Chiesa diocesana di Civita Castellana sente il bisogno di incontrarsi, sabato 10   febbraio 2018 alle ore 14.30 in Cattedrale a Civita Castellana, con le sorelle e i fratelli malati, con gli operatori sanitari, i volontari e con quanti a diverso titolo si prendono cura di loro per pregare insieme, partecipare e contribuire con maggior efficacia ad una cultura rispettosa della vita, della salute e dell’ambiente. Un’occasione di attenzione speciale alla condizione degli ammalati e, più in generale, dei sofferenti.

In altre occasioni d’incontro con la sofferenza, il vescovo Romano Rossi, ha rivolto parole di grande tenerezza per i malati e considerazione nei confronti dell’Unitalsi, sottolineando l’impegno costante e generoso di tutti i volontari per la loro «testimonianza ecclesiale» e per i loro «amore ostinato» per gl’infermi, operando in condizioni molto spesso difficili.

Il Papa, richiama l’impegno plurisecolare della Chiesa a servizio dei malati e “la generosità di molti fondatori, ma suggerisce una nuova creatività che parta dalla carità”. “Ci ricorda inoltre che la cura passa attraverso una visione integrale della persona. L’intelligenza organizzativa e la carità – le parole di Francesco – esigono che la persona del malato venga rispettata nella sua dignità e mantenuta sempre al centro del processo di cura”. “Un richiamo fortissimo è che a partire dalla parrocchia la pastorale della salute resta e resterà sempre un compito necessario ed essenziale”. Soffermandosi sulla “tenerezza e la perseveranza con cui molte famiglie seguono i propri figli, genitori e parenti, malati cronici o gravemente disabili – prosegue – il Papa ricorda che le cure che sono prestate in famiglia sono una testimonianza straordinaria di amore” e chiede siano “sostenute con adeguato riconoscimento e con politiche adeguate”. “Un invito a tutta la Chiesa a prendersi carico delle più grandi fragilità e ad essere sempre più una comunità sanante”.

È importante educarci alla cultura del dono, che è la risposta a un Dio amore che trova il suo culmine e compimento solo quando, quanto ricevuto gratuitamente, lo doniamo con generosità ai fratelli bisognosi di attenzione e di aiuto concreto. Il fratello in difficoltà mette in difficoltà. La Chiesa non può andare oltre, come il sacerdote e il levita, ma deve farsi prossimo della sofferenza e delle nuove povertà: “Sapendo queste cose sarete beati se le metterete in pratica” (Gv 13, 17).

Occorre sempre rispettare l’umanità dell’ammalato e la sua inalienabile dignità: questo è il messaggio della giornata del malato.

È un invito a trovare anche noi lo stile di Maria: umili e fedeli, generosi e casti, retti e puri di cuore, nel dono totale al padre nella Chiesa e attraverso la Chiesa, disponibili a donare ed alleviare le sofferenze di coloro che soffrono per la loro infermità.

E’ dunque a Maria, Madre della tenerezza, che il Papa affida tutti i malati nel corpo e nello spirito confidando che “la preghiera alla Madre del Signore ci veda tutti uniti in una insistente supplica, perché ogni membro della Chiesa viva con amore la vocazione al servizio della vita e della salute”.

La Vergine Maria, in quei giorni, parlando a Bernadette, ci ha mostrato l’atteggiamento che noi cristiani dobbiamo tenere verso gli infermi: grande rispetto e senza compatimento.

Occorre sempre rispettare l’umanità dell’ammalato e la sua inalienabile dignità: questo è il messaggio della giornata del malato.

E ciò, se vale per la Chiesa, ancor di più vale per tutti noi, che viviamo fra i malati nella vita quotidiana.

 

 

 

 

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA XXVI GIORNATA MONDIALE DEL MALATO 2018

Mater Ecclesiae: «”Ecco tuo figlio … Ecco tua madre”.
E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé …» (Gv 19, 26-27)

 

Cari fratelli e sorelle,

il servizio della Chiesa ai malati e a coloro che se ne prendono cura deve continuare con sempre rinnovato vigore, in fedeltà al mandato del Signore (cfr Lc 9,2-6; Mt 10,1-8; Mc 6,7-13) e seguendo l’esempio molto eloquente del suo Fondatore e Maestro.

Quest’anno il tema della Giornata del malato ci è dato dalle parole che Gesù, innalzato sulla croce, rivolge a sua madre Maria e a Giovanni: «“Ecco tuo figlio … Ecco tua madre”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé» (Gv 19,26-27).

1. Queste parole del Signore illuminano profondamente il mistero della Croce. Essa non rappresenta una tragedia senza speranza, ma il luogo in cui Gesù mostra la sua gloria, e lascia le sue estreme volontà d’amore, che diventano regole costitutive della comunità cristiana e della vita di ogni discepolo.

Innanzitutto, le parole di Gesù danno origine alla vocazione materna di Maria nei confronti di tutta l’umanità. Lei sarà in particolare la madre dei discepoli del suo Figlio e si prenderà cura di loro e del loro cammino. E noi sappiamo che la cura materna di un figlio o una figlia comprende sia gli aspetti materiali sia quelli spirituali della sua educazione.

Il dolore indicibile della croce trafigge l’anima di Maria (cfr Lc 2,35), ma non la paralizza. Al contrario, come Madre del Signore inizia per lei un nuovo cammino di donazione. Sulla croce Gesù si preoccupa della Chiesa e dell’umanità intera, e Maria è chiamata a condividere questa stessa preoccupazione. Gli Atti degli Apostoli, descrivendo la grande effusione dello Spirito Santo a Pentecoste, ci mostrano che Maria ha iniziato a svolgere il suo compito nella prima comunità della Chiesa. Un compito che non ha mai fine.

2. Il discepolo Giovanni, l’amato, raffigura la Chiesa, popolo messianico. Egli deve riconoscere Maria come propria madre. E in questo riconoscimento è chiamato ad accoglierla, a contemplare in lei il modello del discepolato e anche la vocazione materna che Gesù le ha affidato, con le preoccupazioni e i progetti che ciò comporta: la Madre che ama e genera figli capaci di amare secondo il comando di Gesù. Perciò la vocazione materna di Maria, la vocazione di cura per i suoi figli, passa a Giovanni e a tutta la Chiesa. La comunità tutta dei discepoli è coinvolta nella vocazione materna di Maria.

3. Giovanni, come discepolo che ha condiviso tutto con Gesù, sa che il Maestro vuole condurre tutti gli uomini all’incontro con il Padre. Egli può testimoniare che Gesù ha incontrato molte persone malate nello spirito, perché piene di orgoglio (cfr Gv 8,31-39) e malate nel corpo (cfr Gv 5,6). A tutti Egli ha donato misericordia e perdono, e ai malati anche guarigione fisica, segno della vita abbondante del Regno, dove ogni lacrima viene asciugata. Come Maria, i discepoli sono chiamati a prendersi cura gli uni degli altri, ma non solo. Essi sanno che il cuore di Gesù è aperto a tutti, senza esclusioni. A tutti dev’essere annunciato il Vangelo del Regno, e a tutti coloro che sono nel bisogno deve indirizzarsi la carità dei cristiani, semplicemente perché sono persone, figli di Dio.

4. Questa vocazione materna della Chiesa verso le persone bisognose e i malati si è concretizzata, nella sua storia bimillenaria, in una ricchissima serie di iniziative a favore dei malati. Tale storia di dedizione non va dimenticata. Essa continua ancora oggi, in tutto il mondo. Nei Paesi dove esistono sistemi di sanità pubblica sufficienti, il lavoro delle congregazioni cattoliche, delle diocesi e dei loro ospedali, oltre a fornire cure mediche di qualità, cerca di mettere la persona umana al centro del processo terapeutico e svolge ricerca scientifica nel rispetto della vita e dei valori morali cristiani. Nei Paesi dove i sistemi sanitari sono insufficienti o inesistenti, la Chiesa lavora per offrire alla gente quanto più è possibile per la cura della salute, per eliminare la mortalità infantile e debellare alcune malattie a larga diffusione. Ovunque essa cerca di curare, anche quando non è in grado di guarire. L’immagine della Chiesa come “ospedale da campo”, accogliente per tutti quanti sono feriti dalla vita, è una realtà molto concreta, perché in alcune parti del mondo sono solo gli ospedali dei missionari e delle diocesi a fornire le cure necessarie alla popolazione.

5. La memoria della lunga storia di servizio agli ammalati è motivo di gioia per la comunità cristiana e in particolare per coloro che svolgono tale servizio nel presente. Ma bisogna guardare al passato soprattutto per lasciarsene arricchire. Da esso dobbiamo imparare: la generosità fino al sacrificio totale di molti fondatori di istituti a servizio degli infermi; la creatività, suggerita dalla carità, di molte iniziative intraprese nel corso dei secoli; l’impegno nella ricerca scientifica, per offrire ai malati cure innovative e affidabili. Questa eredità del passato aiuta a progettare bene il futuro. Ad esempio, a preservare gli ospedali cattolici dal rischio dell’aziendalismo, che in tutto il mondo cerca di far entrare la cura della salute nell’ambito del mercato, finendo per scartare i poveri. L’intelligenza organizzativa e la carità esigono piuttosto che la persona del malato venga rispettata nella sua dignità e mantenuta sempre al centro del processo di cura. Questi orientamenti devono essere propri anche dei cristiani che operano nelle strutture pubbliche e che con il loro servizio sono chiamati a dare buona testimonianza del Vangelo.

6. Gesù ha lasciato in dono alla Chiesa la sua potenza guaritrice:

«Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: […] imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16,17-18). Negli Atti degli Apostoli leggiamo la descrizione delle guarigioni operate da Pietro (cfr At 3,4-8) e da Paolo (cfr At 14,8-11). Al dono di Gesù corrisponde il compito della Chiesa, la quale sa che deve portare sui malati lo stesso sguardo ricco di tenerezza e compassione del suo Signore. La pastorale della salute resta e resterà sempre un compito necessario ed essenziale, da vivere con rinnovato slancio a partire dalle comunità parrocchiali fino ai più eccellenti centri di cura. Non possiamo qui dimenticare la tenerezza e la perseveranza con cui molte famiglie seguono i propri figli, genitori e parenti, malati cronici o gravemente disabili. Le cure che sono prestate in famiglia sono una testimonianza straordinaria di amore per la persona umana e vanno sostenute con adeguato riconoscimento e con politiche adeguate. Pertanto, medici e infermieri, sacerdoti, consacrati e volontari, familiari e tutti coloro che si impegnano nella cura dei malati, partecipano a questa missione ecclesiale. E’ una responsabilità condivisa che arricchisce il valore del servizio quotidiano di ciascuno.

7. A Maria, Madre della tenerezza, vogliamo affidare tutti i malati nel corpo e nello spirito, perché li sostenga nella speranza. A lei chiediamo pure di aiutarci ad essere accoglienti verso i fratelli infermi. La Chiesa sa di avere bisogno di una grazia speciale per poter essere all’altezza del suo servizio evangelico di cura per i malati. Perciò la preghiera alla Madre del Signore ci veda tutti uniti in una insistente supplica, perché ogni membro della Chiesa viva con amore la vocazione al servizio della vita e della salute. La Vergine Maria interceda per questa XXVI Giornata Mondiale del Malato; aiuti le persone ammalate a vivere la propria sofferenza in comunione con il Signore Gesù, e sostenga coloro che di essi si prendono cura. A tutti, malati, operatori sanitari e volontari, imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 26 novembre 2017

Solennità di N.S. Gesù Cristo Re dell’universo

“Contiene richiami molto, molto forti” a quanti si occupano di salute e sanità. A commentare in un videoeditoriale per il Sir il Messaggio del Papa, diffuso ieri, per la Giornata mondiale del malato che ricorre l’11 febbraio 2018, è don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute. Tema della Giornata “Ecco tuo figlio … Ecco tua madre’”. Nel Messaggio, osserva il direttore dell’Ufficio Cei, “tutto il mondo della salute e della sanità e tutti coloro che si occupano di malati” sono invitati a mettere “la persona umana al centro del processo terapeutico”. Francesco, inoltre, “invita tutti a svolgere la ricerca scientifica nel rispetto della vita e dei valori morali e cristiani”. Il Papa, fa notare ancora don Angelelli, richiama l’impegno plurisecolare della Chiesa a servizio dei malati e “la generosità di molti fondatori, ma suggerisce una nuova creatività che parta dalla carità” e “ci chiede di preservare gli ospedali cattolici dal rischio dell’aziendalismo”. “Ci ricorda inoltre che la cura passa attraverso una visione integrale della persona. L’intelligenza organizzativa e la carità – le parole di Francesco – esigono che la persona del malato venga rispettata nella sua dignità e mantenuta sempre al centro del processo di cura”. “Un richiamo fortissimo – prosegue don Angelelli – è che a partire dalla parrocchia la pastorale della salute resta e resterà sempre un compito necessario ed essenziale”. Soffermandosi sulla “tenerezza e la perseveranza con cui molte famiglie seguono i propri figli, genitori e parenti, malati cronici o gravemente disabili – prosegue – il Papa ricorda che le cure che sono prestate in famiglia sono una testimonianza straordinaria di amore” e chiede siano “sostenute con adeguato riconoscimento e con politiche adeguate”. “Un invito a tutta la Chiesa – conclude Angelelli – a prendersi carico delle più grandi fragilità e ad essere sempre più una comunità sanante”.

Il tempo passato accanto al malato è un tempo santo. E’ lode a Dio che ci conferma all’immagine di suo Figlio il quale «non è venuto per farsi servire ma per servire».

Papa Francesco

Anche noi possiamo essere mani, braccia, cuori che aiutano Dio a compiere i suoi prodigi, spesso nascosti.

Papa Francesco

Nessuna vita, nessuna sofferenza è inutile. Questo ci dice la logica della croce.

Tonino Bello

Ecco tuo figlio…Ecco tua madre. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé” (Gv 19,26-27). Le parole che Gesù, innalzato sulla croce, rivolge a sua madre Maria e al discepolo Giovanni, sono il tema scelto da Papa Francesco per la XXVI Giornata Mondiale del Malato che si celebra il prossimo 11 febbraio.

“Queste parole illuminano profondamente il mistero della Croce ”

La Croce

Parole che “illuminano il mistero della Croce”- spiega il Santo Padre – “che non rappresenta una tragedia senza speranza”, ma diviene “luogo in cui Cristo mostra la sua gloria e lascia le sue estreme volontà d’amore”: “regole costitutive della comunità cristiana e della vita di ogni discepolo”.

La vocazione di Maria

Le parole di Cristo – prosegue – danno origine “alla vocazione materna di Maria nei confronti di tutta l’umanità”, Maria è chiamata a condividere la stessa preoccupazione di Cristo per la Chiesa e per l’umanità intera. “Un compito che non avrà mai fine”.

“ La vocazione materna di Maria passa a Giovanni e a tutta la Chiesa ”

Giovanni raffigura la Chiesa

E se Giovanni, il discepolo amato, “raffigura la Chiesa, popolo messianico” – aggiunge il Papa – “egli deve riconoscere Maria come propria madre” e in questo riconoscimento è chiamato ad “accoglierla e a contemplare in lei il modello del discepolo e anche la vocazione materna che Gesù le ha affidato”. L’intera comunità dei discepoli, è quindi “coinvolta nella vocazione materna di Maria”.

Testimonianza di Giovanni e vocazione della Chiesa

Avendo condiviso tutto con Gesù, Giovanni è testimone non solo delle innumerevoli guarigioni compiute dal Messia, ma è anche consapevole che – spiega ancora Francesco – “il Maestro vuole condurre tutti gli uomini all’incontro con il Padre”. Ed essendo il cuore di Gesù aperto a tutti senza esclusone, “a tutti deve essere annunciato il Vangelo del Regno” e “indirizzata la carità”.

“ Il lavoro delle congregazioni cattoliche, delle Diocesi e dei loro ospedali, cerca di mettere la persona umana al centro del processo terapeutico ”

Come si concretizza la vocazione della Chiesa verso le persone bisognose e i malati

Il Papa ricorda che la vocazione materna della Chiesa a favore dei bisognosi e dei malati ha “una storia bimillenaria” “di dedizione” che non va dimenticata e che continua ancora oggi in tutto il mondo: “ovunque essa cerca di curare, anche quando non è in grado di guarire”. “L’immagine della Chiesa come ‘ospedale da campo’ – procede  – è una realtà molto concreta perché  – specifica Francesco – in alcune parti del mondo sono solo gli ospedali dei missionari e delle Diocesi a fornire le cure necessarie alla popolazione”.

L’eredità del passato

Nella sua concretezza, il Santo Padre esorta a far memoria dell’”eredità del passato” per “progettare bene il futuro”: attraverso l’esempio della “generosità fino al sacrificio” di molti fondatori di istituti a favore degli infermi, e  facendo propria l’intelligenza organizzativa e la carità che mettono al centro prima di tutto la dignità del malato. Tutto ciò, eviterà il pericolo di far entrare “la cura della salute nell’ambito del mercato che scarta i poveri”. Da qui, l’appello ai cristiani che operano nelle strutture pubbliche e che “con il loro servizio, sono chiamati a dare testimonianza del Vangelo”.

“ La pastorale della salute resta e resterà sempre un compito necessario ed essenziale ”

Il dono della potenza guaritrice

Alla Chiesa – ricorda Francesco – “Gesù ha lasciato in dono, la sua potenza guaritrice”, dono a cui corrisponde il compito della Chiesa: “portare sui malati lo stesso sguardo ricco di tenerezza e compassione del suo Signore”. E testimonianza straordinaria di questo amore è – aggiunge – la tenerezza e la perseveranza con cui molte famiglie seguono i propri figli, genitori e parenti, malati cronici o gravemente disabili. Le cure che sono prestate in famiglia – prosegue il Papa – sono una testimonianza straordinaria di amore per la persona umana e vanno sostenute con adeguato riconoscimento e con politiche adeguate. Pertanto – conclude – medici e infermieri, sacerdoti, consacrati e volontari, familiari e tutti coloro che si impegnano nella cura dei malati, partecipano a questa missione ecclesiale”. Una “responsabilità condivisa che arricchisce il valore del servizio quotidiano di ciascuno”.

Atto di affidamento

E’ dunque a Maria, Madre della tenerezza, che il Papa affida tutti i malati nel corpo e nello spirito confidando che “la preghiera alla Madre del Signore ci veda tutti uniti in una insistente supplica, perché ogni membro della Chiesa viva con amore la vocazione al servizio della vita e della salute”.

 

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Con questa mia sono pertanto ad invitare tutti: malati, medici, infermieri, volontari, consacrati e consacrate impegnati a servizio dei malati e dei disagiati, familiari che si prendono cura di questi fratelli e sorelle nelle loro abitazioni o nelle strutture sanitarie sparse sul territorio diocesano, ministri straordinari della Santa Comunione, giovani, a partecipare alla XXV Giornata del Malato che a livello diocesano celebreremo sabato 11 febbraio 2017 presso il Santuario di N.S.di Fatima in S.Vittorino Romano, secondo il seguente programma:

l’11 febbraio prossimo sarà celebrata, in tutta la Chiesa e in modo particolare a Lourdes, la XXV Giornata Mondiale del Malato, sul tema: Stupore per quanto Dio compie: «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente…» (Lc 1,49).

tale Giornata costituisce un’occasione di attenzione speciale alla condizione degli ammalati e, più in generale, dei sofferenti; e al tempo stesso invita chi si prodiga in loro favore, a partire dai familiari, dagli operatori sanitari e dai volontari, a rendere grazie per la vocazione ricevuta dal Signore di accompagnare i fratelli ammalati. Inoltre questa ricorrenza rinnova nella Chiesa il vigore spirituale per svolgere sempre al meglio quella parte fondamentale della sua missione che comprende il servizio agli ultimi, agli infermi, ai sofferenti, agli esclusi e agli emarginati

Desidero incoraggiarvi tutti, malati, sofferenti, medici, infermieri, familiari, volontari, a contemplare in Maria, Salute dei malati, la garante della tenerezza di Dio per ogni essere umano e il modello dell’abbandono alla sua volontà; e a trovare sempre nella fede, nutrita dalla Parola e dai Sacramenti, la forza di amare Dio e i fratelli anche nell’esperienza della malattia.

Papa Giovanni Paolo II volle istituire questa speciale ricorrenza e la celebrò per la prima volta a Lourdes l’11 febbraio 1993.

In questo giorno si rifletterà sulla condizione dell’infermità che causa la malattia, su coloro che più hanno bisogno e, più in generale, sui sofferenti.

Coloro che assistono queste persone, che le sono vicino ogni giorno e sono chiamati ad alleviarne le sofferenze sono invitati a pregare e ringraziare il Signore Dio Nostro per la speciale attitudine a loro donate.

La Chiesa deve, in questa giornata, sentirsi rinforzata e rinvigorita nella sua opera verso i bisognosi, gli ammalati e coloro che soffrono per la loro infermità, fino agli emarginati per la loro condizione fisica.

Spiritualmente il cristiano deve porsi presso la Grotta di Massabielle, di fronte alla Bella Signora, come descritta da Bernadette.

La Vergine Maria, in quei giorni, parlando a Bernadette, ci ha mostrato l’atteggiamento che noi cristiani dobbiamo tenere verso gli infermi: grande rispetto e senza compatimento.

Occorre sempre rispettare l’umanità dell’ammalato e la sua inalienabile dignità: questo è il messaggio della giornata del malato.

E ciò, se vale per la Chiesa, ancor di più vale per tutti noi, che viviamo fra i malati nella vita quotidiana.

Nella Giornata Mondiale del Malato tutti noi possiamo partecipare e contribuire con maggior vigore ad  una cultura rispettosa della vita, della salute e dell’ambiente.

Si chiede di applicare maggiore slancio nel lottare per il rispetto dell’integrità e della dignità delle persone.

Le grandi questioni bioetiche poste dalla modernità non rimangono avulse a questi argomenti, così come la tutela dei più deboli e alla cura dell’ambiente.

 

Maria ha appena ascoltato un messaggio con l’invito a rallegrarsi per tutto il popolo d’Israele. Il suo è un “Sì” fondamentale, definitivo. Maria, la Figlia di Sion, percepisce la missione nei confronti del suo popolo, e con gioia dice: “Avvenga di me quello che hai detto”. Nel silenzio di maria c’è l’accoglienza totale della Parola, allarga le braccia e dice il suo “Sì, fiat”.

Maria esempio di libertà e di silenzio interiore, la piena di grazia, quella grazia che possiede fin dal seno materno, che la porterà sul calvario, ad una maternità universale.

È un invito a trovare anche noi lo stile di Maria: umili e fedeli, generosi e casti, retti e puri di cuore, nel dono totale al padre nella Chiesa e attraverso la Chiesa, disponibili a dare gratuitamente senza riconoscimenti o meriti.

Sia Maria, la maestra della nostra preghiera e del nostro cammino di fede. Le nostre parole, plasmate dalla Parola e educate da Maria, possano proclamare il nostro “sì, fiat”. è il “sì” della comunione, del servizio e della missione.

Lo sguardo di Maria, Consolatrice degli afflitti, illumina il volto della Chiesa nel suo quotidiano impegno per i bisognosi e i sofferenti. I frutti preziosi di questa sollecitudine della Chiesa per il mondo della sofferenza e della malattia sono motivo di ringraziamento al Signore Gesù, il quale si è fatto solidale con noi, in obbedienza alla volontà del Padre e fino alla morte in croce, perché l’umanità fosse redenta. La solidarietà di Cristo, Figlio di Dio nato da Maria, è l’espressione dell’onnipotenza misericordiosa di Dio che si manifesta nella nostra vita – soprattutto quando è fragile, ferita, umiliata, emarginata, sofferente – infondendo in essa la forza della speranza che ci fa rialzare e ci sostiene.

È importante educarci alla cultura del dono, che è la risposta a un Dio amore che trova il suo culmine e compimento solo quando, quanto ricevuto gratuitamente, lo doniamo con generosità ai fratelli bisognosi di attenzione e di aiuto concreto. Il fratello in difficoltà mette in difficoltà. La Chiesa non può andare oltre, come il sacerdote e il levita, ma deve farsi prossimo della sofferenza e delle nuove povertà: “Sapendo queste cose sarete beati se le metterete in pratica” (Gv 13, 17).

 

Sono invitati i membri delle associazioni ecclesiali, gli operatori sanitari, le Associazioni di Volontariato nel mondo della sanità, i ministri straordinari della Comunione, i malati e i loro familiari che possono intervenire, tutti i fedeli che sentono il bisogno di unirsi spiritualmente nella preghiera e nell’impegno quotidiano a favore di quanti soffrono nella malattia.

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