Ricordi di una…..Catechista

RICORDI DI UNA VECCHIA CATECHISTA

Salve sono Albertina, probabilmente molti di voi mi conoscono, sono presente in parrocchia da così tanti anni che ho perduto il conto.

Erano i primi anni ’90, non saprei precisare meglio, so però quanto dolore e quanta tristezza c’era nel mio cuore, ero in chiesa tutte le sere per la messa vespertina ma non riuscivo a focalizzare i volti delle persone presenti, a volte neanche quello del sacerdote che officiava.

Ero lì, presente fisicamente ma lontana, come sospesa.

Un giorno, era sera o mattino non saprei dirlo, Don Alvaro Orsi ,allora parroco di Regina Pacis  mi chiamò in sacrestia e, con il suo modo diretto e un po’ brusco mi chiese di aiutare nella catechesi per i ragazzi….Io  fare la Catechista!!!

La mia prima reazione fu un deciso “no non ne sono capace”, don Alvaro non si scompose più di tanto non insistette, mi salutò dicendomi: “riflettici su, poi mi confermerai la tua decisione”.

Tornai a casa un po’ frastornata, non mi spaventava il contatto con i ragazzi, erano il mio pane quotidiano, visto che facevo l’insegnante ed ero profondamente convinta di quanto i bambini possano darci (e a me in quel periodo i miei alunni mi davano veramente tanto) .

Per alcuni giorni quella richiesta era sempre più presente nella mia testa, ogni giorno di più.

Incominciai  a sentirmi ingrata, quasi in colpa per quel diniego, finchè una sera, dopo la messa, mi fermai a dare al mio parroco la conferma della mia disponibilità alla sua richiesta.

Mi guardò sorridendo, disse solo:” non avevo dubbi, vedrai ne sarai capace , proprio perché pensi di non esserlo, avrai l’approccio giusto alla catechesi.”

La mia “carriera” è cominciata così, tra dubbi e paure, tra le catechesi concise e profonde di don Alvaro, e le direttive di suor Eda  capo catechista ante litteram, braccio destro super efficiente del parroco,  sempre attenta e presente dirigeva con mano ferma quel manipolo di catechiste che, ad onor del vero, riconoscevano la sua capacità organizzativa pur mugugnando, a volte, per i modi un po’ dittatoriali, ma era un mugugnar affettuoso, perché, tutto sommato, suor Eda condiva il tutto con un sorriso accattivante.

Venti anni fa sicuramente si operava in modo empirico, senza grande progettualità, senza una metodologia specifica, ma in tutti c’era il riconoscimento dell’Autorità indiscussa del parroco, del suo ruolo di Primo Catechista della Comunità che non era mai prevaricante, ma  efficace nel trasmettere con semplicità di linguaggio la sua profonda conoscenza.

Oggi la metodologia è diversa, l’approccio è diverso ma le conoscenze da trasmettere sono sempre le stesse, i catechisti hanno la stessa necessità di approfondimento che solo in un rapporto sincero e leale con il proprio parroco può essere attuato, soprattutto nel riconoscerlo sempre e comunque Primo Catechista della Comunità.

La Comunità parrocchiale, quella senza “incarichi “lo ha capito benissimo e sa apprezzare le catechesi e le omelie del nostro parroco che usa un linguaggio semplice , non semplicistico, nelle omelie che arrivano al cuore delle persone, e sono comprese da tutti,

Qualcuno leggendo dirà “beh con questo?” Con questo ho voluto solo dare la mia testimonianza su come può essere più o meno facile un approccio, ma anche e soprattutto come poi deve proseguire nel rapporto leale, con il proprio parroco, senza  criticare a priori metodi e direttive  anche se  in dissonanza con le nostre, senza scappare di fronte ai cambiamenti, senza fare confronti sterili,  senza criticare, senza  giudicare, instaurando un confronto sincero, propositivo, aperto, che ricerchi, senza supponenza, punti di incontro per un lavoro proficuo con atteggiamento aperto e solidale pur senza accettazione passiva o servile.

Il nostro è un volontariato, non una scalata al potere o a posti privilegiati, non dobbiamo ricercare approvazioni ma chiederci se siamo riusciti, almeno un po’, a  trasmettere nei piccoli il desiderio di conoscere quel Gesù che ha fatto dell’amore la sua bandiera.

Chi mi conosce sa bene che non sono tanto propensa ad accettare passivamente proposte e direttive che non condivido, che non mi appartengono  ipocrisie e complimenti di facciata ma sa anche che so dare il giusto valore alle conoscenze, alle capacità organizzative e ai saperi altrui, in un rapporto paritario di confronto leale e costruttivo senza il quale non si va da nessuna parte.

La mia testimonianza è partita da lontano ed è arrivata ad oggi, ma ho sentito la necessità di questa riflessione che mi auguro possa fare anche chi la legge.

Guardiamoci dentro, chiediamoci se abbiamo accolto nel modo giusto e con spirito di servizio il cambiamento e il Pastore che ci è stato assegnato e proviamo anche noi a fare dell’amore e dell’accoglienza la nostra bandiera, sarà poi molto più facile trasmetterne i valori ad altri.

Grazie  Albertina

PS. Ulteriore materiale potete trovarlo alla sezione CATECHISTI

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